Continua la crisi del commercio

Il 5% dei commercianti dichiara di voler chiudere entro il 2019 (sono quasi 500 esercizi). Il 10% dichiara di tenere aperto solo in attesa della pensione.
Nei primi sei mesi del 2019, otto commercianti su dieci hanno subito una diminuzione delle vendite.
Crollano le vendite di abbigliamento. Tengono i pubblici esercizi.

Sarà il tempo pessimo della primavera, sarà la costante diminuzione della capacità di spesa delle famiglie, sarà la mancanza di fiducia nel futuro, ma quello che emerge da un campione di circa 250 piccole aziende della provincia di Padova è un dato che dimostra come la crisi morde ancora nel commercio.
Il consueto sondaggio che l’Osservatorio Economico della Confesercenti effettua in provincia di Padova tra le piccole imprese del commercio e dei pubblici esercizi, sottolinea il peggioramento della situazione del settore.
Il confronto con l’andamento delle vendite con lo stesso periodo del 2018 (già non eccezionale) fa emergere il forte calo delle vendite.

I Dati

5 commercianti su 10 dichiarano di avere avuto una diminuzione delle vendite, mentre altri 3 dichiarano di non avere visto variazioni e solo il 15,3% , meno di 2 ogni dieci, dichiara di avere avuto degli incrementi.

Tra i settori merceologici è soprattutto la moda quella che ha sofferto maggiormente (il freddo di maggio, un sistema di vendite promozionali assurdo, la ricerca di prodotti a basso costo anche se di tendenza, il crescere delle vendite on-line, la minore disponibilità di spesa delle famiglie, sono le cause principali). Ben il 51,9% dichiara di avere avuto una diminuzione delle vendite superiore al 10% ed un altro 25% di avere avuto comunque una diminuzione.

Anche tra i negozi del settore alimentare le vendite al dettaglio hanno subito una contrazione. Il 36,4% una forte contrazione ed il 13,6% comunque una diminuzione. I segnali negativi arrivano soprattutto dalle carni, dall’ortofrutta e dalle panetterie mentre danno indicazioni positive i negozi con prodotti di gastronomia e quelli di vini.

Segnali discretamente positivi anche dai pubblici esercizi in particolare bar e locali serali dedicati al tempo libero. In questo settore il 9,8% ha avuto un incremento consistente delle vendite ed un altro 18% un incremento.

Per quanto riguarda le aree sono l’area termale l’area Centrale e Padova quelle dove maggiormente le imprese dichiarano un diminuzione delle vendite.

Infine per quanto riguarda l’anzianità d’impresa sono soprattutto le più anziane ad avere una riduzione delle vendite con il 56,9% (20,7+36,2) mentre quelle più giovani sembrano avere tenuto.

Il commento del Presidente Rossi

Il commercio di vicinato è ancora in uno stato di difficoltà, anche se riuscisse ad evitare l’incremento delle aliquote IVA non basterebbe. Dichiara il Presidente Nicola Rossi.Il dato che emerge è quello di un sistema di piccole imprese che continua ad arrancare forse di più di altri settori.

Il primo semestre del 2019 si è dimostrato, per le vendite al dettaglio, tra i peggiori dal 2011. Su questo dato hanno inciso clima, deregolamentazione degli orari, l’espansione incontrollata della distribuzione organizzata che oggi occupa spazi con le strutture della media distribuzione (senza regole d’insediamento), l’e-commerce e soprattutto la diminuzione dei consumi. Purtroppo la capacità di spesa delle famiglie è diminuita di quasi 5 punti percentuali in questi 8 anni e ciò spinge i consumatori alla ricerca esasperata del prezzo anche a scapito del servizio e della qualità.

La volontà di uscire da questa situazione è sicuramente forte. Lo dimostra la decisione di un quarto degli intervistati che, nonostante una situazione di crisi, vogliono investire ulteriormente nelle loro attività.
Il dato era evidente anche con il bando della Regione Veneto per le aggregazioni di impresa che ha visto una mole di richieste ben superiore alle attese. Solo la nostra associazione provinciale ha lavorato su 18 progetti di aggregazione per investimenti superiori ai 6 milioni.

Ma, continua Rossi, non bastano le capacità degli imprenditori.
Ricordo che i negozi sono la luce, la vita delle nostre città dei nostri centri storici e centri urbani: non possiamo permettere che si spengano.
Il lavoro fatto con molte amministrazioni comunali della provincia (Padova in primis), per disegnare e progettare i futuri distretti del commercio, sono un tassello importante ma è necessario fare di più.

Le proposte dell’Associazione

Secondo l’associazione di via Savelli questi sono i punti da sviluppare:
1- aumentare le risorse pubbliche a favore del recupero delle attività commerciali e la riduzione delle imposte locali.
2- definire processi di interazione con proprietari immobiliari per l’accessibilità (canoni di locazione) legati alla reddittività dell’impresa.
3- introdurre regole di sviluppo (anche socio -economiche) per la media distribuzione.
4- investire a livello locale su nuove strategie di sviluppo anche attraverso l’adozione di figure professionali altamente qualificate. Il manager del distretto commerciale deve essere una figura stabile e non solo legato ai bandi della regione.
5- premiare a livello locale politiche ed iniziative di aggregazione.
6- sostenere agenzie di marketing territoriale.
7- promuovere la condivisione dei servizi tra i comuni più piccoli al fine di garantire una maggiore efficienza sia nel marketing, sia negli eventi ma soprattutto nelle aggregazioni di area, di filiera, di servizio tra le piccole imprese della provincia.
8- sperimentare veri e propri modelli di sviluppo innovativo nelle attività commerciali che attraverso percorsi di aggregazione riescano a valorizzare il connubio tra negozio fisico e negozio virtuale vera sfida per la bottega del futuro.

Inoltre è indispensabile saper restituire capacità di spesa alle famiglie. Servono agevolazioni per accompagnare le piccole imprese nella transizione al digitale (con modalità innovative ed aggreganti). E’ necessario creare le condizioni per una leale competizione con il canale web anche attraverso un riequilibrio fiscale tra le vendite offline e online. Potenziare le attività di formazione continua e le iniziative di innovazione. Infine serve un pesante intervento per la riduzione degli oneri burocratici ed il carico fiscale alle imprese.