Asporto consentito nei bar anche dopo le 18,00. Vietato il consumo nelle adiacenze dei pubblici esercizi.
Con nota prot. n. 4769.11/2021, avente ad oggetto “Decreto riaperture – DL n. 52, del 21 aprile 2021”, il nostro Ufficio Legislativo, lo scorso 23 aprile, aveva commentato come, per effetto dell’entrata in vigore del DL, restasse consentita dal 26 aprile scorso la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.
Prudenzialmente, avevamo affermato che, ai sensi dell’art. 4 del DL n. 52, per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dal codice ATECO 56.3 (bar senza cucina) l’asporto fosse consentito esclusivamente fino alle ore 18,00.
E infatti il Ministero dell’Interno, con circolare del 24 aprile, aveva poi confermato i nostri timori, affermando che “rimane fissato alle ore 18,00 il limite orario entro il quale è consentito l’asporto ai soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dal codice Ateco 56.3”. Con ulteriore nota prot. n. 4770.11/2021, inviata il 26 aprile, l’Ufficio legislativo, in riferimento alla circolare del Ministero dell’Interno, esprimeva la considerazione che: “sembra assurdo che, essendo possibile ormai anche ai bar codice Ateco 56.30 effettuare il servizio ai tavoli all’esterno (dal 1° giugno anche all’interno) fino alle 22,00, a questi sia vietato il servizio da asporto dalle 18,00. La norma (tuttora applicabile in relazione a quanto ora chiarito dal Ministero), tendeva ad impedire gli assembramenti serali all’esterno dei locali, ma a questo punto il divieto appare una limitazione posta solo in relazione alla difficoltà per le autorità di esercitare i controlli, con danno economico manifesto per gli esercizi, che, rimanendo aperti, potrebbero lavorare per la clientela che prende posto ai tavoli (all’esterno fino al 31 maggio, anche all’interno dal 1° giugno) come per quella che acquisterebbe per portare alimenti e bevande alle proprie abitazioni”.
Le nostre considerazioni sono ora state accolte dal Ministero dell’Interno, che, d’intesa con la Presidenza del Consiglio, ha emesso la circolare del 7 maggio, n. 33694, con cui fa presente
che “considerata la portata di carattere generale e innovativo delle previsioni introdotte 2 dall’art. 4, comma 1, del citato decreto-legge, relativamente alla riapertura delle attività dei servizi di ristorazione svolte da qualsiasi esercizio nella zona gialla, per i soggetti che in tale zona svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dal codice Ateco 56.3, la vendita per asporto è da ritenersi consentita anche oltre le ore 18,00, nel rispetto dei vigenti limiti orari agli spostamenti”.
La circolare, quindi, conferma pienamente le nostre considerazioni, rendendo possibile l’asporto da parte dei bar in zona gialla anche dopo le 18,00 e fino alle 22,00.
Tale dichiarazione, a nostro avviso, contiene delle inesattezze e delle affermazioni che comportano una sperequazione ai danni delle attività che effettuano il “consumo sul posto”.
1. L’inesattezza è relativa all’affermazione secondo cui resterebbe comunque oggetto di divieto il consumo di cibi e bevande nei luoghi pubblici o aperti al pubblico dopo le ore 18,00:
come è ben noto, infatti, nei pubblici esercizi (ristoranti e bar), che rispondono a pieno titolo al concetto giuridico di “luoghi aperti al pubblico”, il consumo è assolutamente consentito dopo le 18,00 e fino alle 22, sebbene ai tavoli all’aperto (dal 1° giugno anche al chiuso);
2. La sperequazione riguarda invece la situazione degli esercizi che esercitano il cosiddetto “consumo sul posto”: come è noto, gli esercizi di vicinato che vendono prodotti alimentari al dettaglio, i panifici e in alcune Regioni gli esercizi artigiani possono consentire agli acquirenti di consumare sul posto, mediante le attrezzature in dotazione (tavoli, mensole,
ecc.) anche all’aperto (per effetto di note circolari del MISE che lo permettono) i prodotti di gastronomia pronti per il consumo, con esclusione del servizio di somministrazione
(l’assistenza da parte del personale). Vietare a tali esercizi di svolgere un servizio nella sostanza in tutto analogo a quello esercitato dai pubblici esercizi appare una sperequazione, del tutto immotivata. Per questo rivolgeremo un apposito quesito al Governo.